Ospedali privati, profitto e coronavirus

In un precedente articolo abbiamo messo in luce come l’attuale carenza di posti in terapia intensiva derivi dalla dissennata politica di privatizzazione della sanità. Come al solito “perdite pubbliche e profitti privati” (questa sembra essere la regola aurea del cosiddetto “mercato”).

Ma ecco  qualche ciliegina sulla torta:  a Udine L’Ospedale pubblico cerca personale sanitario, l’ Ospedale privato mette il proprio personale sanitario in cassa integrazione.

Incredibile ?  però tragicamente vero….

A Cesano Boscone (MI) un ospedale privato (di proprietà in questo caso della Curia) approfitta dell’emergenza coronavirus per peggiorare le condizioni contrattuali del personale sanitario. Identica solfa all’Ospedale San Raffaele di Milano (quello fondato da don Verzè, ricordate ?). Si sa, in tempo di emergenza non è consentito fare sciopero…

Solidarietà ai lavoratori impegnati in prima linea contro l’epidemia ? a parole si ma quando si tratta di mettere mano al portafogli…

 
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2 Responses to Ospedali privati, profitto e coronavirus

  1. Zanko says:

    Un interessante dato pubblicato sul “Sole 24 ore” di oggi 5 aprile 2020: il sistema sanitario “negli ultimi 10 anni ha visto ridursi di 45mila unità la forza lavoro, ma ha visto la spesa sanitaria crescere più del pil”, cioè “dalla regionalizzazione del 2000 a oggi la spesa sanitaria è passatada 66 a 116,4 miliardi, con un aumento medio di circa il 3,5 % all’anno mentre il pil viaggiava a ritmi di crescita introno al 2%” (Gianni Trovati, p. 1 e 8). E se lo dice l’organo della Confindustria…

  2. Zanko says:

    Un interessante dato pubblicato sul “Sole 24 ore” di oggi 5 aprile 2020: il sistema sanitario “negli ultimi 10 anni ha visto ridursi di 45mila unità la forza lavoro, ma ha visto la spesa sanitaria crescere più del pil”, cioè “dalla regionalizzazione del 2000 a oggi la spesa sanitaria è passatada 66 a 116,4 miliardi, con un aumento medio di circa il 3,5 % all’anno mentre il pil viaggiava a ritmi di crescita introno al 2%” (Gianni Trovati, p. 1 e 8). E se lo dice l’organo della Confindustria…

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