IL TRIBUNALE SPECIALE FASCISTA: la “giustizia” di Mussolini

Il Tribunale speciale per la difesa dello Stato, istituito con la legge 25 novembre 1926, n. 2008 (Provvedimenti per la difesa dello Stato), nell’ambito delle cosiddette “leggi fascistissime” fu uno degli strumenti più infami di repressione utilizzato dalla dittatura fascista.

tribunale speciale

Una seduta del Tribunale speciale

Non era costituito da magistrati di professione ma da ufficiali (consoli) della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale (la forza armata del partito fascista) a cui non era richiesto neppure il possesso della laurea in legge ! Il Presidente proveniva dall’esercito o dalla Milizia (anche a lui non erano richiesti studi giuridici). L’unico dotato istituzionlmente di preprazione giuridica era il relatore (peraltro senza diritto di voto) che proveniva dalla magistratura militare.

Il Tribunale giudicava utilizzando le procedure del codice penale militare di guerra, cioè in modo estremamente sommario e senza alcuna garanzia per gli imputati, le stesse istruttorie erano segrete e gli imputati ignoravano le motivazioni delle accuse fino a pochi giorni prima del dibattimento (1)

Presidenti

CARLO SANNA (1926-1928)

Il primo presidente del Tribunale speciale fu il generale Carlo Sanna Proveniva dall’Esercito e venne scelto per il profilo apparentemente “istituzionale”. Combattente durante la Prima Guerra mondiale si era messo in luce negli anni successivi per sicure doti reazionarie. Nel 1919 comandava le truppe a Torino dove aveva represso agitazioni e scioperi. Antonio Gramsci ricordò in seguito questa sua minaccia “disse che se un soldato sardo [cioè della Brigata “Sassari” da lui comandata] fosse stato toccato, tutta la città sarebbe stata messa a ferro e fuoco e anche i bambini di cinque anni ne sarebbero andati di mezzo”.

Passato ad Ancona represse nel sangue la rivolta popolare del luglio 1920. Trasferito a Trieste spalleggiò lo sviluppo del movimento fascista. Queste benemerenze gli valsero nel 1923 da parte di Mussolini la nomina a presidente del Tribunale supremo militare (si noti che non aveva mai compiuto studi giuridici) e nel 1924 l’elezione ala Camera nel “listone” fascista. Nel 1926 gli venne affidata la presidenza del Tribunale speciale che Sanna resse con estrema solerzia applicando retroattivamente le leggi speciali (2)

GUIDO CRISTINI (1928-1932)

Alla morte di Sanna l’incarico passò al suo vice Guido Cristini, un abile arrivista a cui Pablo Dell’Osa ha dedicato una ampia monografia ( Il tribunale speciale e la presidenza di Guido Cristini 1928-1932, Milano, Mursia, 2017). Cristini, laureato in legge, fascista della prima ora, proveniva dalla Milizia. Fu uno dei più efferati manutengoli di Mussolini e a lui vanno attribuite alcune delle sentenze più infami, come la condanna a morte del comunista Michele Della Maggiora, contro il parere espresso dallo stesso pubblico ministero (che venne brutalmente sostituito durante l’udienza). Fedele esecutore degli ordini del Duce venne obbligato alle dimissioni nel 1932 per aver ammesso nel corso di un colloquio privato con un altro gerarca fascista di aver condannato a trent’anni di reclusione i familiari di Anteo Zamboni “pur essendo innocenti. Perchè così gli era stato ordinato dal Duce”. Navigatore di lungo corso riuscì comunque a sopravvivere nell’Italia postfascista senza mai pagare le conseguenze delle sue infamie (3)

ANTONINO TRINGALI CASANOVA (1932-1943)

L’ultimo presidente fu Antonino Tringali Casanuova (in genere citato come “Tringali Casanova”) che resse ininterrottamente la presidenza dal 1932 alla soppressione del tribunale speciale nel 1943. Laureato in legge, fascista a tutta prova, fu tra i pochi ad opporsi decisamente all’ordine del giorno Grandi nella seduta del Gran Consiglio del 25 luglio 1943, fu poi brevemente ministro della giustizia nella Repubblica di Salò (morì nel novembre 1943) (4)

STRITOLATI DALLA MACCHINA REPRESSIVA

I malcapitati che venivano denunciati al Tribunale speciale dovevano attendersi lunghi periodi di detenzione preventiva (nel corso della quale subivano maltrattamenti, bastonature e vere e proprie torture). La pratica veniva infatti affidata alla sezione istruttoria del Tribunale. Nel caso delle denunce più lievi il caso era esaminato da un unico magistrato, per quelle più gravi la pratica veniva istruita dalla Commissione istruttoria (composta da 4 membri). L’istruttoria, che poteva durare poche settimane per i casi più facili ma anche vari mesi o anni per quelli più gravi, si concludeva o con l’assoluzione dell’imputato o con il rinvio al Tribunale speciale o, a seconda dei reati, con il rinvio alla Magistratura ordinaria o militare. Raramente veniva disposto un supplemento di istruttoria. Pochissimi erano gli imputati che rimanevano a piede libero durante l’istruttoria (in pratica solo le persone molte anziane o gravemente malate).

Per i casi meno gravi non erano rare le assoluzione in istruttoria per insufficienza di prove: Il regime voleva così mostrarsi “indulgente” dopo aver comunque terrorizzato gli imputati con la carcerazione preventiva. Anche gli assolti erano comunque tenuti sotto stretto controllo dalla polizia e dall’OVRA e al minimo sgarro si apriva per loro la via dell’ammonizione e del successivo confino.

Il processo era invece rapidissimo: da due ore per i casi più semplici ad un paio di giorni per quelli più complessi (molto rari i processi che siano durati di più).

A Roma le udienze si tenevano nella famigerata Aula IV del Palazzo di giustizia. I giudici presiedevano in alta uniforme, ornati da tutte le medaglie, il pubblico era accuratamente selezionato, i difensori ridotti ad un ruolo di pure comparse (quando non erano addirittura conniventi con l’accusa), i rari testimoni a discarico venivano terrorizzati dalla prospettiva di trasformaarsi a loro volta in imputati. La procedura era sbrigativa e la sentenza si uniformava senza eccezioni alle richieste dell’accusa. Se gli imputati osavano protestare al momento della sentenza o tentavano di gridare slogan venivano seduta stante imbavagliati dai due carabinieri che tenevano d’occhio ciascuno. In ogni caso chi osava protestare in udienza riceveva immediatamente un aggravio di pena.Questa era dunque la “giustizia” del regime ! (6)

Note:

(1) Alberto Aquarone, L’organizzazione dello Stato totalitario, Torino, Einaudi, 1995, p. 101- 105; Mimmo Franzinelli, Il tribunale del duce, Milano, Mondadori, 2017, p.11- 19.

(2) Mimmo Franzinelli, Il tribunale del duce, Milano, Mondadori, 2017, p.30-33

(3) Pablo Dell’Osa cit. (in generale e, per le “confidenze” compromettenti, p. 200-202), Mimmo Franzinelli, Il tribunale del duce, p. 33- 39

(4) Mimmo Franzinelli, Il tribunale del duce, p. 39- 42

(5) Adriano Dal Pont e Simonetta Carolini, L’Italia dissidente e antifascista. Le Ordinanze, le Sentenze istruttorie e le Sentenze in Camera di consiglio emesse dal Tribunale speciale fascista contro gli imputati di antifascismo dall’anno 1927 al 1943, Milano, La Pietra, 1980.

(6)  Mimmo Franzinelli, Il tribunale del duce, p. 13-16.

Bibliografia

Tribunale speciale per la difesa dello Stato, Decisioni emesse, Roma, SME- Ufficio Storico, 1981-87

Alberto Aquarone, L’organizzazione dello Stato totalitario, Torino, Einaudi, 1995.

Adriano Dal Pont e Simonetta Carolini, L’Italia dissidente e antifascista. Le Ordinanze, le Sentenze istruttorie e le Sentenze in Camera di consiglio emesse dal Tribunale speciale fascista contro gli imputati di antifascismo dall’anno 1927 al 1943, Milano, La Pietra, 1980.

A. Dal Pont, A. Leonetti, P. Maiello, L. Zocchi, Aula IV. Tutti i processi del Tribunale speciale fascista. Roma, Anppia, 1961.

Pablo Dell’Osa, Il tribunale speciale e la presidenza di Guido Cristini 1928-1932), Milano, Mursia, 2017.

Giustizia e libertà, Il Tribunale speciale fascista, a cura di Giuseppe Galzerano, Casalvelino scalo, Galzerano, 2017

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