Narodni Dom Trieste: una ferita ancora aperta

Il  Narodni Dom (casa del popolo) di Trieste  a partire dal 1904  è stato il centro culturale, sociale, economico e politico della componente nazionale slovena nella multietnica Trieste asburgica.

Era stato progettato dall’architetto Max Fabiani ed ospitava,  un teatro, un ristorante, un albergo (l’Hotel Balkan), oltre ad associazioni musicali, teatrali,  sportive e di mutuo soccorso.

Il 13 luglio 1920 venne dato alle fiamme dai fascisti. Così ricorda l’episodio l’anarchico Umberto Tommasini:

L’incendio dell’Hotel Balkan

“Per caso stavo passando per piazza Grande e là c’era Giunta [il capo fascista locale], saltato sulla fontana, che ha cominciato ad arringare una ventina di persone dicendo: ‘hanno ammazzato i nostri ufficiali a Spalato e dobbiamo vendicarli’. Dopo sono andati su per piazza Ponterosso e io li fiancheggiavo, perchè volevo vedere dove andavano. Avevano già preparato bidoni di benzina e sono entrati di prepotenza. Quando sono arrivato al Balkan, è cominciato ad uscire fumo dalle finestre. Era dopopranzo, verso le 4-5. c’era un rogo, un rogo… Uno spettacolo. Ho visto una donna che si buttava giù dalla finestra. Poi sono arrivati i pompieri e degli ufficiali della caserma di piazza Oberdan che sparavano contro l’hotel che bruciava, perchè dicevano che gli Slavi li avevano attaccati. Non hanno fatto indagini né arrestato nessuno. Era una cosa combinata con le autorità.

Ricordo che mio papà e i socialisti dicevano: ‘hanno attaccato gli Slavi, ma da noi, alla Camera del Lavoro, al ‘Lavoratore’ [il quotidiano socialista locale] non verranno. I nazionalisti si battono fra di loro. Con noi non se la prendono’. Ma dopo è stato dimostrato che hanno preso un po’ tutti: prima gli uni e dopo gli altri”(1).

Con l’avvento del regime fascista, che non tollerava la presenza di  minoranze nazionali, i proprietari furono costretti a vendere (o meglio “svendere”) lo stabile. Dopo la Liberazione la comunità slovena chiese ripetutamente di rientrare in possesso dell’edificio. Senza esito.

“Il problema – citiamo dal sito della Biblioteca nazionale slovena e degli studi _ è stato in parte risolto solo nell’art. 19 della legge n. 38 del 2001 che tratta il ritorno delle istituzioni slovene nel Narodni dom di Trieste e nel Trgovski dom di Gorizia nonché la restituzione in toto della Casa della Cultura di S. Giovanni. Il diritto concesso alla Biblioteca Nazionale Slovena e degli Studi di rilevare alcuni spazi all’interno del Narodni dom si è in parte concretizzato nel 2004 con l’apertura del centro informativo sloveno e nel 2006 con l’inaugurazione di una piccola sala per conferenze e mostre al pianoterra. Nel febbraio 2014 è stata cambiata la destinazione d’uso della sala, che oggi ospita la Sezione ragazzi della Narodna in študijska knjižnica / Bilioteca nazionale slovena e degli studi”.

Finalmente, per il 13 luglio 2020 (cent’anni dopo l’incendio, e scusate se è poco !), è prevista la restituzione dell’edificio (oggi adibito a sede universitaria) alla comunità slovena con una cerimonia che vedrà la presenza dei presidenti della repubblica di Slovenia Pahor e Italia Mattarella.

Un atto doveroso (per quanto tardivo) ? Certamente. Ma che non passa a Trieste in modo indolore, contrastato da una inverosimile campagna di odio nazionalistico fomentato dai gruppi di destra.

Commemorazione del 13 luglio 1990 (foto OZE NŠK)

NOTE

(1) Umberto TOMMASINI, Il fabbro anarchico, a cura di Claudio VENZA e Clara GERMANI, Roma, Odradek, 2011, p. 90.

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4 Responses to Narodni Dom Trieste: una ferita ancora aperta

  1. Zub says:

    «Sulla via Commerciale non era scesa la sera, l’incendio sopra i tetti sembrava venire dal sole che liquefacendosi sanguinava nel crepuscolo. Il tram per Opčine si era fermato, gli alberi nel giardino dei Ralli apparivano immobili nell’aria color porpora. Loro due correvano tenendosi per mano e nell’aria, sopra le loro teste, volavano le scintille che salivano da piazza Oberdan. […] Piazza Oberdan era piena di gente che gridava in un alone di luce scarlatta. Attorno al grande edificio invece c’erano uomini in camicia nera che ballavano gridando: “Viva! Viva!” Correvano di qua e di là annuendo con il capo e scandendo: “Eia, eia, eia!”. E gli altri allora di rimando: “Alalà!”. Improvvisamente le sirene dei pompieri cominciarono a ululare tra la folla, ma la confusione aumentò perché gli uomini neri non permettevano ai mezzi di avvicinarsi. Li circondarono e ci si arrampicarono sopra, togliendo di mano ai pompieri le manichette.»
    Boris Pahor, Il rogo nel porto trad. Mirella Urdih Merkù

  2. Zub says:

    «Sulla via Commerciale non era scesa la sera, l’incendio sopra i tetti sembrava venire dal sole che liquefacendosi sanguinava nel crepuscolo. Il tram per Opčine si era fermato, gli alberi nel giardino dei Ralli apparivano immobili nell’aria color porpora. Loro due correvano tenendosi per mano e nell’aria, sopra le loro teste, volavano le scintille che salivano da piazza Oberdan. […] Piazza Oberdan era piena di gente che gridava in un alone di luce scarlatta. Attorno al grande edificio invece c’erano uomini in camicia nera che ballavano gridando: “Viva! Viva!” Correvano di qua e di là annuendo con il capo e scandendo: “Eia, eia, eia!”. E gli altri allora di rimando: “Alalà!”. Improvvisamente le sirene dei pompieri cominciarono a ululare tra la folla, ma la confusione aumentò perché gli uomini neri non permettevano ai mezzi di avvicinarsi. Li circondarono e ci si arrampicarono sopra, togliendo di mano ai pompieri le manichette.»
    Boris Pahor, Il rogo nel porto trad. Mirella Urdih Merkù

  3. Complimenti per la commemorazione. Una pagina vergognosa, che è bene ricordare anche per capire meglio i terribili avvenimenti che hanno interessato quei territori nel secolo scorso. Trovo che anche i libri di Boris Pahor (ad esempio “Il rogo nel porto”) siano un ottimo strumento che aiuta la comprensione di un’epoca. Luca

  4. Complimenti per la commemorazione. Una pagina vergognosa, che è bene ricordare anche per capire meglio i terribili avvenimenti che hanno interessato quei territori nel secolo scorso. Trovo che anche i libri di Boris Pahor (ad esempio “Il rogo nel porto”) siano un ottimo strumento che aiuta la comprensione di un’epoca. Luca

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