I “soviet” della Carnia. Il maggio 1920 visto da “Umanità Nova”

A fine Febbraio del 1920 incominciava le pubblicazioni a Milano il quotidiano Umanità Nova, diretto da Errico Malatesta.

Fin dal primo numero UN diede notizia delle attività del movimento in Carnia, né la cosa deve stupire se consideriamo che questa zona, geograficamente ed economicamente marginale, aveva visto un precoce e duraturo sviluppo del movimento anarchico e socialista grazie ai costanti contatti internazionali favoriti dall’emigrazione [1].

Dopo i massacri della guerra, nel clima infuocato del biennio rosso, anche in quella zona gli anarchici avevano ripreso in pieno l’attività.

Il ruolo degli anarchici nella Camera del Lavoro della Carnia e del Canal del Ferro

Nel luglio 1919 si erano tenute le elezioni alla Camera del Lavoro della Carnia e del Canal del Ferro e il Consiglio Direttivo ne era uscito “nella quasi totalità […] composto di libertari ed anarchici” [2]; la presidenza dell’organismo era stata assunta dall’anarchico Umberto Candoni. La CdL di Tolmezzo aveva preso una posizione sempre più autonoma nei confronti della Confederazione Generale del Lavoro e il 20 e 21 dicembre aveva persino partecipato al congresso nazionale dell’Unione Sindacale Italiana tenutosi a Parma. La proposta però di abbandonare la CGdL per passare all’USI aveva provocato una spaccatura; dopo aspri dibattiti la Camera del Lavoro era rimasta sotto il controllo socialista, mentre i libertari avevano costituito, agli inizi del 1920, un’attiva sezione dell’USI.

Ad un convegno tenutosi a Tolmezzo l’11 aprile 1920 presero parte rappresentanti della Federazione Libertaria Carnica e dei gruppi anarchici di Prato Carnico, Sutrio, Trava, Illegio, “Germinal” di Udine e “Germinal” di Martignacco-Torreano; dopo la relazione introduttiva tenuta da Candoni si deliberò di “costituire la federazione provinciale friulana con sede da stabilirsi in Udine”; in polemica con PSI e CGdL che “con la loro opera di incoscienza e tradimento danno tempo e modo alla reazione di farsi ognor più forte” si decise di rafforzare l’opera di propaganda. Quanto al campo sindacale “considerato che l’unica organizzazione attuale di lavoratori che più risponde agli ideali libertari è la U.S.I. si dà incarico ai singoli gruppi di portare forti adesioni alla già esistente sez. carnica della U.S.I.”. Infine fu inviato un telegramma al Consolato Americano per protestare contro le persecuzioni a cui erano soggetti i compagni del I.W.W. [3]

Nei giorni successivi il sindacalista Celentano, dell’USI veneta, tenne un ampio giro di conferenze in zona “Parlò infatti a Tolmezzo dinanzi ad un foltissimo pubblico sul tema `l’avvenire del proletariato'” insistendo sul fatto che esso “potrà poggiarsi su basi saldissime solo quando i lavoratori sappiano sperimentare congegni politici e sindacali arditi e novissimi, come i soviet e i consigli di fabbrica a struttura libertaria” la conferenza venne successivamente ripetuta a “Lauro [Lauco], Prato Carnico, Rigolato, Cornegliano [prob. Comeglians] Ovaro, Enemonzo, Preone, Ampezzo, Sutrio, Piana d’Arta, Ileggio, Gavazzo, Tarcento, Fusea ed altre località” [4].

Dalla Carnia lo sfratto al Genio Civile

Intanto il problema della disoccupazione, da sempre endemico nella regione, si andava aggravando oltre ogni limite.

Una delle poche prospettive occupazionali era data dai lavori pubblici affidati alle numerose cooperative a guida socialista ma il Ministero delle Terre Liberate (si chiamava proprio così: dopo Caporetto il Friuli era stato occupato dagli Austriaci) incominciava a chiudere il rubinetto dei pagamenti mettendo le cooperative in gravi difficoltà.

A metà marzo si erano avute grandi dimostrazioni di disoccupati nel vicino Cadore “puntate [sic] dei nostri, discesi dalla Carnia e dal Canal del Ferro, invasero l’ufficio del Genio Civile a Udine con lo scopo di cacciarvi i burocratici piagnoni, ma le promesse di costoro per i lavori della strada Carnica e Pontebbana fecero desistere i nostri dal lodevole proposito.” [5]

“per difendere i suoi [sic] sacrosanti diritti”

Il 7 Maggio il consorzio delle cooperative carniche, privo ormai di fondi, proclamava la serrata, gettando così “sul lastrico oltre seimila operai, perché il governo non pagava i lavori eseguiti, nonché collaudati” la Camera del Lavoro confederale con un manifesto cercava “di fare l’interesse delle cooperative, predicando la calma […] si pretende che i seimila operai scendano in piazza per costringere il governo a dare i milioni, pei suaccennati lavori, e i dirigenti dell’una e dell’altra istituzione se ne stanno al sicuro” invece gli Anarchici e l’USI “indignati per tale contegno” con un altro manifesto invitavano gli operai “ad essere uniti, forti e pronti per scendere in piazza non per speculazioni altruistiche ma per difendere i suoi [sic] sacrosanti diritti.” [6] In altre parole: la mobilitazione proletaria avrebbe dovuto essere finalizzata alla rivoluzione, non alla soluzione del problema meramente transitorio dei pagamenti alle cooperative.

Come scrisse più tardi Candoni “La serrata proclamata dal Consiglio Carnico Cooperativo del Lavoro […] non trovò l’appoggio dei sindacalisti e degli anarchici per due motivi: primo perché questi pur essendo quasi tutti soci delle Cooperative di Lavoro non furono mai chiamati né prima, né poi a dare il loro parere in merito; secondariamente perché essa serrata tendeva solo a fini particolaristici delle Cooperative senza tener conto dei bisogni di tutta la massa proletaria Carnica”.

In tutta Italia la rivoluzione sembrava realmente alle porte

In quei giorni di Maggio, mentre in Parlamento si consumavano gli stanchi riti della crisi di Governo che avrebbe portato Nitti a rassegnare definitivamente le dimissioni il 9 giugno, il clima era incandescente in tutta Italia e la rivoluzione sembrava realmente alle porte.

Nel Bolognese i contadini occupavano le terre, a Parma lo sciopero dei contadini procedeva ad oltranza, a Verona si era mutato in sciopero generale bloccando l’intera provincia con conflitti con le forze dell’ordine, il sindacato dei ferrovieri secondari e dei tranvieri si apprestava a proclamare lo sciopero, a Genova i metallurgici del porto entravano in agitazione.

In tutto il paese si verificavano scontri e carabinieri e guardie regie aprivano il fuoco con un pesante bilancio di vittime a Canosa, a Roma, ad Ortona, a Palermo…

A Modena la presunta sparizione di alcune mitragliatrici da una caserma aveva prodotto un’ondata di arresti negli ambienti sovversivi…

In Carnia lo sciopero generale assume caratteri insurrezionali

In Carnia “la serrata fu snervante per la massa operaia che non sapeva quale via prendere per risolvere la questione, tanto che dopo 10 giorni di generale mutismo una voce si fece sentire: la dinamite, interrompendo la linea Pontebbana, quella di Paluzza, la Udine-Gemona e la Udine-San Daniele […]

La sera del giorno 20 [maggio] venne arrestato De Cecco, segretario della Federazione Socialista Carnica, ed il mattino del 21 fu arrestato il sottoscritto [Candoni] ed il compagno Vergendo. […]

In seguito a questi tre arresti e a copiosi mandati di cattura venne proclamato lo sciopero generale in tutta la Carnia.

La vita fu paralizzata completamente ed anche i ferrovieri della Società Veneta e dell’Alto But aderirono entusiasticamente al movimento, rifiutandosi i primi a trasportare i carabinieri qui destinati”

Ed eccoci all’insurrezione dispiegata “non ostante l’arrivo di centinaia di carabinieri […], quasi tutti gli edifici comunali della regione [carnica], furono conquistati dai ribelli che vi inalberarono la bandiera rossa cacciando via sindaci e commissari regi. Le guardie rosse incominciarono a funzionare e in qualche centro fu anche formato il consiglio degli operai”

Ma ecco l’intervento dei socialisti, il deputato Cosattini di Udine si precipitò in Carnia e “dopo aver confabulato colle autorità locali” riuscì a convincere gli occupanti ad abbandonare i municipi.

“i vari consigli operai e le guardie rosse credendo che quest’ordine fosse partito di comune accordo con il comitato d’agitazione, in perfetta buona fede, ma con le lacrime agli occhi, cedono il posto”

Dopo trattative tra autorità, comitato d’agitazione e l’on. Cosattini gli arrestati furono liberati la sera del 22 e l’anarchico Vergendo “subito chiamato a far parte del comitato d’agitazione”.

Bisogna rilevare che mentre “la Camera del Lavoro di Tolmezzo, pur essendo confederalista [aderente cioè alla CGdL], diede un magnifico esempio di azione diretta” Udine, sotto l’influsso riformista, aderì allo sciopero solo lunedì 24 maggio dopo le fiere proteste dei carnici per la mancata solidarietà da parte del resto della provincia.

La mattina di lunedì 24 infatti Vergendo ed il socialista D’Orlando, in rappresentanza del comitato d’agitazione carnico, “si portarono a Udine, ove la sera stessa venne proclamato lo sciopero generale provinciale con l’adesione compatta ed incondizionata dei ferrovieri dello Stato.”

Alla Camera del lavoro si decide di proseguire la lotta e di “chiamare il popolo friulano a comizi mandamentali, metterlo al corrente della situazione e che esso decida sul da farsi” [7]

A Udine la partecipazione è imponente, trentamila persone. Poiché le ferrovie sono bloccate “vi sono cortei che hanno percorso più di trenta chilometri” a piedi. Data l’enorme partecipazione il comizio si suddivide in quattro con tribune improvvisate su carri. Il corteo che segue vede momenti di altissima tensione per un colpo di moschetto sparato da un ardito [8].

“il mercoledì [26] hanno luogo comizi a Tolmezzo, Pordenone, Spilimbergo, Gemona […]. Ovunque si grida: siamo pronti per la Repubblica Soviettistica.

Nello stesso giorno venne bruciato il ponte di legno sul Tagliamento; un attentato alla dinamite sulla ferrovia Udine-Casarsa; a San Vito a Pordenone, a Cividale e a Gemona venne proclamata la repubblica dei Soviet”.

Ma ecco che contemporaneamente il comitato d’agitazione udinese (controllato dai deputati socialisti Cosattini e Piemonte) deliberò la fine dello sciopero!

Il giorno successivo però al comizio di chiusura in piazza Vittorio Emanuele (ora piazza Libertà) gli arditi provocatoriamente raccolti sulla salita del Castello, dopo alcuni tafferugli, fecero fuoco sulla folla: un morto: il diciottenne Ferruccio Cargnelutti e diversi feriti.

“La folla si esaspera e si getta in un negozio di armi per rispondere con la violenza a quella governativa. Il deputato Cosattini chiama questo atto “passibile del codice penale” (testuali parole) persuadendo la folla alla calma. In seguito a questo eccidio si protrae la cessazione dello sciopero”

I riformisti si adoperano per sopire l’ondata rivoluzionaria

L’attività dei riformisti si fece frenetica per dividere e sopire il movimento e lo stesso “giovedì, 27, da Udine si telegrafa alle varie Camere del Lavoro di sospendere i movimenti “per raggiunti accordi” [9].

Lo sconcerto fu enorme e nei comizi di chiusura tenuti il venerdì in tutta la Carnia il popolo espresse nuovamente la propria volontà rivoluzionaria.

A Prato Carnico la sezione edile confederale e la sezione USI riunite nella Casa del popolo votarono il seguente ordine del giorno. “Il proletariato di Prato Carnico, constatato che lo sciopero generale terminava per l’opera svolta dal pompierismo riformista, che paventava il carattere insurrezionale che il movimento aveva assunto, mentre depreca l’opera dei sullodati signori, eleva indignata protesta contro la sanguinaria repressione nittiana che anche in questa martoriata regione volle le sue vittime. Delibera la ripresa del lavoro, pronto però a scendere in lotta non appena suonerà l’ora delle rivendicazioni proletarie.” [10]

Terminava così lo sciopero generale in Carnia e Friuli. Il clima rivoluzionario avrebbe avuto il suo culmine nei mesi successivi nella rivolta di Ancona (26-29 luglio) e nell’occupazione delle fabbriche (fine agosto-settembre) ma l’incapacità di dare uno sbocco rivoluzionario alle agitazioni di massa avrebbe ben presto lasciato lo spazio alla “controrivoluzione preventiva” fascista.

Mauro De Agostini

(Da “Umanità Nova” n. 29 del 15 settembre 2002)

Note

[1] Il primo numero di Umanità Nova (UN) 26/27 febbraio 1920 pubblica il comunicato di indizione “di un convegno comunista-libertario da tenersi in Tolmezzo il giorno 7 marzo venturo” invitando a contattare Lodovico Vergendo. Sul movimento anarchico in Carnia “Compagno tante cose vorrei dirti…” il funerale di Giovanni Casali anarchico: Prato Carnico 1933 /Claudio Venza, Marco Puppini, Dianella Gagliani. – Udine: centro editoriale friulano, [1983?]; Mezzo secolo di anarchismo in Carnia nei ricordi di Ido Petris / a cura di Elis Fraccaro in Bollettino Archivio G. Pinelli (Milano) n. 14, Dicembre 1999.

[2] Così annotava, con malcelata preoccupazione Il Lavoratore friulano (LF) organo socialista di Udine del 4 Agosto 1919, che riporta i nomi degli eletti: “Graighero Osualdo, Delli Zuani Adamo, Pellegrina Pietro, Colosetti Rodolfo, Benedetti Silvio, Vergendo Lodovico, Pillinin Giuseppe, Candoni Umberto, Beorchia Gaetano, Machin Italo, Cacitti Leonardo”. I numeri successivi del periodico consentono di seguire a grandi linee le vicende della scissione. Sulla partecipazione al congresso di Parma Breve storia dell’Unione Sindacale Italiana / Ugo Fedeli in Volontà, 1957 (poi più volte ristampato). Cfr. Sindacati, Cooperative, Soviet nella montagna friulana (Aprile 1919- Aprile 1921) / Marco Puppini in Qualestoria, Settembre 1987.

[3 ]LF 25 Aprile 1920 “Convegno libertario”; crf. UN 16 Aprile 1920 “Movimento Anarchico”.

[4] UN 9 Maggio 1920 “Dalla Carnia” e “Note venete”.

[5] UN 28 Marzo 1920 E. Ribul, “Note venete – dopo i comunicati di guerra”; cfr LF 21 Marzo 1920 “Dalla Carnia lo sfratto al Genio Civile”.

[6] UN 15 Maggio 1920 V.L., “Grave situazione in Carnia”; cfr. LF 9 Maggio 1920 “La serrata cooperativa in Carnia per la lotta contro il Governo”.

[7] UN 6 Giugno 1920 U.C., “Perché morirono i soviet carnici”; per la ricostruzione di parte socialista cfr. LF 6 Giugno 1920. Si veda la biografia di Candoni scritta da Marco Puppini in Così vicina, così lontana. La Carnia degli anni sessanta nelle fotografie di Umberto Candoni. – Tolmezzo, 1995.

[8] UN 27 Maggio 1920 “Lo sciopero generale nel Friuli”.

[9] UN 6 Giugno 1920 U.C., “Perché morirono i soviet carnici”.

[10] Il comunicato, a firma Italo Machin, è in LF 13 Giugno 1920; cfr. UN 5 Giugno 1920 Macchio, “dopo lo sciopero generale”. Umanità Nova dedicò agli eventi una copertura quotidiana spesso in prima pagina.

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